Caserta - L’inizio della bufera, che ha toccato di striscio l’ospedale di Caserta e ha travolto, ora, Asl e ospedali della zona di Vallo della Lucania, porta la data del 10 ottobre del 2006, quando scattò la prima parte dell’inchiesta «Tricky contracts». In quell’occasione la Procura di Santa Maria Capua Vetere e il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza accertarono un giro di tangenti per svariate migliaia di euro, una frode fiscale accertata per 1 milione e 763 mila euro e importi incassati per circa tre milioni di euro relativi a lavori mai realizzati o eseguiti in maniera parziale presso l’ospedale San Sebastiano dii Caserta. Quel giorno furono eseguite, come ieri, nove ordinanze di custodia cautelare in carcere o ai domiciliari a carico di Claudio Furcolo, ex direttore generale dell’ospedale di Caserta e poi dell’Asl di Vallo della Lucania; dell’ex impiegato dell’Ut dell’ospedale di Caserta Francesco Di Spazio; di un imprenditore, Davide Gallo, amministratore della ditta Gemi; di Vincenzo Errico, di Santa Maria Capua Vetere, amministratore unico della Gemi; di Alessio Flagiello, imprenditore di Sant’Antimo; di Annunziata Iavarone, moglie di Flagiello, titolare della ditta Edilizia generale; di Nicola Tibaldi, di San Nicola la Strada, amministratore unico della Tecnogest srl nonché amministratore di fatto della Semag sas di cui era legale rappresentante sua moglie Gina Sellitti; di Francesco Ferrara, 63 anni di Crispano, dipendente Ut dell’ospedale di Caserta. Anche in quell’occasione le accuse, a vario titolo, erano di associazione per delinquere, truffa, falso, turbativa d’asta e corruzione. Al centro dell’inchiesta, Claudio Furcolo, dal 1998 al 2000 alla guida dell’azienda ospedaliera di Caserta per poi passare, fino al 2005, ai vertici dell’Asl di Vallo della Lucania. Secondo l’accusa il manager avrebbe favorito la ditta facente capo a Gallo, messa in condizione di aggiudicarsi appalti per lavori all’ospedale di Caserta e all’Asl Salerno 3 in cambio di tangenti. Il meccanismo consentiva l’aggiudicazione di opere nel settore della termoidraulica sempre alla stessa impresa, la Gemi, grazie all’ammissione fittizia di altre dodici società create sulla carta al solo fine di partecipare alle gare a prezzi più alti rispetto alla cifra offerta della stessa Gemi. Il tutto sarebbe avvenuto attraverso accordi corruttivi basati su mazzette - pari al 10 per cento degli importi - versate a Di Spazio e tramite l’assunzione in una ditta dei tre figli di Ferrara. Era stata individuata anche una tangente di 250 mila euro pagata a Furcolo e servita - secondo l’accusa - per l’acquisto di un immobile nel centro di Milano intestato alla figlia del manager e sequestrato dalla Guardia di finanza. A creare la rete di società sarebbe stato un commercialista di San Prisco suicidatosi nell’aprile del 2002.
Fonte: www.ilmattino.it
0 commenti:
Posta un commento