SOCIETA' Caserta - Il Comune di Caserta, qualche tempo fa, adottò una delibera di giunta con la quale venivano sostanzialmente liberalizzate le attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande. Sponsor determinante dell’operazione fu, all’epoca, Chicco Ceceri, che lavorò nll'esecutivo per questa soluzione nella convinzione che avrebbe attratto alla amministrazione molti più consensi di quanti ne avrebbe procurato la conservazione dello status quo (all’epoca l’ex assessore, poi cacciato da Petteruti, lavorava ancora per la squadra …). Difatti, il numero di soggetti aspiranti a ottenere una licenza per aprire un bar o un ristorante era cresciuto notevolmente nel corso degli ultimi anni, ma la vecchia disciplina costituiva un tappo, un ostacolo insormontabile per accontentare tutti i pretendenti e favoriva un commercio di licenze che determinava prezzi altissimi e quindi spese iniziali pressocchè strozzanti per chi volesse cimentarsi ex novo.
Una situazione che aveva generato anche molte polemiche: più volte tornò in ballo l'ipotesi che fosse stata costituita una sorta di 'cassaforte' delle licenze ancora disponibili, ogni volta da offrire al miglior offerente a cura di chi la gestiva.
Quelli che la licenza già l’avevano, naturalmente, montarono una fragorosa protesta contro la decisione dell’amministrazione di adeguarsi al cosiddetto decreto Bersani (art. 3 d.l. 223/2006) e alcuni di loro impugnarono la delibera del Comune. Il Tar respinse l’istanza di sospensiva, ma nel merito non si pronunciò.Arriva ora una sentenza del Consiglio di Stato (la numero 2808/2009) che, sia pure con riferimento a un’altra vicenda (relativa al Comune di Milano), in pratica dà pienamente ragione al Comune capoluogo.
Secondo questa decisione, il decreto Bersani ha liberalizzato anche le licenze per bar e ristoranti, sicché qualunque atto della amministrazione che introduca limiti quantitativi predeterminati si traduce in una ingiustificata pianificazione quantitativa della offerta, in contrasto con gli interessi generali. Secondo i giudici del Consiglio di Stato limitazioni alla apertura di nuovi esercizi commerciali sono astrattamente possibili, ma assolutamente non possono fondarsi su quote di mercato predefinite. I comuni, in altri termini, non possono stabilire il numero massimo di esercizi in una certa area, poiché questo si risolve in un “intervento di stampo dirigistico non conforme al principio della libera concorrenza”. Si tratta, come è evidente, di una pronuncia di portata rivoluzionaria per il commercio, destinata a produrre sommovimenti e a ridisegnare il quadro degli esercizi commerciali e in particolare di bar e ristoranti.
La novità non muove una foglia, purtroppo per l'economia locale, circa la necessità di politiche urbane per il commercio più aderenti ad una visione unitaria della pianificazione delle città e delle esigenze complessive de centri urbani. All'inefficacia delle amministrazioni locali immobili fa eco la politica che accelera lo svuotamento dei comparti commerciali urbani a favore dei centri commerciali, in Campania predominante specialmente nelle stanze dell'assessorato regionale alle attività produttive. Languono, ad esempio, le procedure per le risorse a favore dei centri commerciali naturali. E ora Andrea Cozzolino pensa alle Europee. 
giovedì 7 maggio 2009
Bar e ristoranti, via libera del Consiglio di Stato alla liberalizzazione
Pubblicato da News Caserta Online alle 09:37
Etichette: Bar e ristoranti, newscaserta.net, Società, società a caserta, via libera del Consiglio di Stato alla liberalizzazione
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