Caserta - Professoressa Modestino, le inquietudini espresse nella sua bellissima lettera accomunano tutti coloro che ancora sognano che un sistema di valori, ancor prima di una scala di valori diversi, possa in futuro governare la società italiana e infondere un'ispirazione finalmente più alta alla politica che di questo governo dovrebbe essere il motore. I sogni danno un senso a molte esistenze e, percentualmente, hanno chances di realizzazioni che il solito studio americano quantifica sul trenta per cento. Sicuramente e senza grado di approssimazione, i sogni danno un senso alla mia e, quanto intuisco, anche alla sua di esistenza. La forza per lottare non ci manca. Sappiamo bene che la chiave di tutto risiede nel pauroso deficit culturale che ha arretrato il nostro Paese, culla di civiltà di arti liberali, alle ultime posizioni della materiale graduatoria del sapere e dei saperi. Lei come docente, io, più modestamente, come operatore dell'informazione, possiamo, però, fare qualcosa. Possiamo provare ad aprire uno spazio di confronto su quanto contino veramente e su quanto, invece, dovrebbero contare il merito, la conoscenza, la cultura come strumenti di affermazione civile, sociale e politica. Mi rendo conto che questo nostro contributo rappresenterà una goccia indistinta in un oceano di relativismo cialtrone e piacione. La repubblichetta dei furbi, d'altronde, è lo specchio assoluto di quello che la società del nostro Paese esprime. In questo non mi trovo d'accordo con l'analisi di Mark Warren almeno per quel che riguarda il microcosmo italiano e ancor di più, il microcosmo del Meridione, sullo scollamento tra i politici e il popolo, il quale più che bue, è furbo nelle sue pratiche e nei suoi maneggi quotidiani, salvo diventare demagogico e anche ipocrita nel momento in cui indossa l'abito forcaiolo, dipietrista, grillista e girotondista. Warren elabora un pensiero che, pur partendo da Bobbio, è profondamente infuenzato dalla situazione americana. Noi ci permettiamo con molta modestia di emendarlo, non in forza di un'analisi documentale, ma utilizzando l'arma di una datata esperienza di conoscenze empirica, che, investendo la sfera dei comportamenti sociali, non può essere liquidata come uno strumento insufficiente.
I nostri politici o, almeno, la maggior parte di loro, sono lì non perché sono i migliori tra i migliori, ma solamente perché a un certo punto della loro vita hanno capito che, pur essendo intelligenti, pur essendo svelti di ingegno, era perfettamente inutile studiare, applicarsi, dotarsi di un bagaglio capiente di nozioni e di strumenti culturali. Hanno compreso che mettendo a profitto alcuni aspetti della loro intelligenza e cioè la scaltrezza, la velocità nell'elaborazione di un pensiero debole fin che si vuole, ma efficace per il raggiungimento dei propri obiettivi, sarebbero riusciti ad ottenere posti, onori, quattrini e potere, che i poveri fessi, i quali hanno trascorso molta parte della loro vita a studiare in biblioteca o piegati su un microscopio possono vedere solo col binocolo. E il fatto che i nostri politici rappresentino la quintessenza del tessuto sociale nazionale, il fatto che i medesimi, pur dotati di materia grigia in misura superiore alla media, abbiano compreso e poi deciso che era perfettamente inutile utilizzarla per migliorare la propria cultura, rappresenta un dato ancor più grave della grassa ignoranza che i nostri parlamentari o i nostri governanti di oggi e di ieri mostrano anche davanti ai prosaici microfoni delle Iene, che di questa cosciente e volontaria scelta a monte rappresenta solo la comica conseguenza. So bene, come mi ha fatto argutamente notare il mio bravissimo collega di Aversa Raffaele De Biasio, che questa mia serie di articoli riguardanti le irresistibili scalate delle signorine Suppa e Picierno rischiano di isolare dei semplici feticci, non abbracciando con completezza il problema più grande della qualità della rappresentanza e della deriva oligarchica che stiamo sopportando con la promozione per nomina di signori, signore e singnorine alle più alte e solenni cariche istituzionali, ma so anche - e anche lei che è una docente abituata ogni giorno ad affrontare il problema di farsi ascoltare dai suoi alunni - che senza rifilare qualche shock, senza partire, in maniera un po' missionaria, da trattazioni plebee, è difficile attirare l'attenzione su categorie più complesse come quelle di cui stiamo discutendo in questo momento.
Cara professoressa Modestino, la sua lettera è bellissima. Ne condivido i contenuti e, ancora di più, l'ispirazione. L'unica cosa che mi inquieta è il tono della disillusione che trasuda da esso. Il bellissimo rabbuffo di Mario Luzi è lo sfogo di un uomo già anziano che assiste con sgomento alla degenerazione prima culturale e poi politica del proprio Paese. Ma noi, professoressa, anziani non siamo ancora. Vogliamo provarci, dobbiamo provarci. E se i pragmatici ingegneri della politique politicienne ci guarderanno con compatimento, pazienza. Noi andremo avanti lo stesso. Faremo in modo di utilizzare i nostri spazi per parlare dell'importanza del merito e della preparazione, che sono l'unico chiavistello per cambiare veramente le cose in questo Sud, in questa regione e in questa provincia desolatamente arretrati. E utilizzeremo i nostri spazi per mettere a frutto giornate e nottate di studio in cui proveremo a costruire contenuti e contributi interessanti per gli alunni che la ascolteranno o per quelli che mi leggeranno. Questo possiamo fare, questo dobbiamo fare. Questo faremo.
Autore: Gianluigi Guarino - Fonte: www.casertace.it
martedì 8 luglio 2008
"Professoressa; denunciamo, proponiamo e non ci arrendiamo"
Pubblicato da News Caserta Online alle 08:57
Etichette: "Professoressa; denunciamo, newscaserta.net, Politica, politica caserta, proponiamo e non ci arrendiamo"
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